La Biennale di Venezia ha annunciato il Leone d’oro alla carriera a Roberto Benigni. Il premio gli sarà consegnato a settembre in occasione delle 78^ edizione della Mostra internazionale del Cinema.
“Il mio cuore è colmo di gioia e gratitudine – ha commenta Benigni -. È un onore immenso ricevere un così alto riconoscimento verso il mio lavoro dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia”.
La motivazione ufficiale del Direttore della Mostra del Cinema, Alberto Barbera: “Sin dai suoi esordi, avvenuti all’insegna di una ventata innovatrice e irrispettosa di regole e tradizioni, Roberto Benigni si è imposto nel panorama dello spettacolo italiano come una figura di riferimento, senza precedenti e senza eguali”.
Ma crediamo che la motivazione reale sia un’altra. Di quelle che non si possono dichiarare troppo apertamente. E lo crediamo convintamente. La più importante manifestazione europea del cinema (insieme a Cannes) ha premiato Benigni non tanto per quello che ha fatto, ma per quello che gli si sollecita di fare: tornare a scrivere, dirigere e recitare film.
Da troppo tempo Benigni è lontano dal cinema, e Venezia sembra volerlo richiamare al suo “dovere”, verso sè stesso ed un pubblico, vasto, che continua ad amarlo.
L’ultima pellicola diretta è stata “La tigre e la neve” e bisogna tornare al 2005. Poi più nulla, se non alcune importanti partecipazioni, come attore, in To Rome with Love di Woody Allen (2012) e in Pinocchio di Matteo Garrone (2019). E’ vero che nel frattempo ha realizzato per la televisione alcuni capolavori come La più bella del mondo (2012) e I dieci comandamenti (2014) oltre che l’intera lettura della Divina Commedia di Dante (tra il 2006 d il 2013) ed ha portato in tour le sue letture dantesche, ma dal cinema è assente da 16 anni.
Eppure Benigni ha firmato opere importanti, quali Il piccolo diavolo (1998), Johnny Stecchino (1991), Il mostro (1994), il premio Oscar La vita è bella (1997) e Pinocchio (2002) fino, appunto, a La tigre e la neve del 2005.
E’ arduo e complesso immaginare che cosa lo abbia tenuto lontano dal cinema. Lui di certo lo sa ma, schivo com’è lontano dai riflettori, non lo ha mai esplicitato.
Ecco perché il meritato Leone d’oro alla carriera potrebbe svolgere un ruolo non tanto celebrativo quanto propositivo. Al cinema italiano manca Benigni e chissà che questo premio non gli faccia tornare la voglia e l’ispirazione per raccontarci altre storie di cui sentiamo la mancanza proprio perchè, utilizzando le parole di Barbera, “è una figura di riferimento, senza precedenti e senza eguali”.
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