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14 Novembre 2019

Le abitudini del consumo televisivo sono in continuo movimento. L’ultimo decennio è stato contraddistinto da due grandi trasformazioni: nel 2012 il passaggio dal sistema analogico a quello digitale terrestre,  che ha segnato anche la conclusione del dominio della tv generalista in chiaro e la progressiva crescita della tv tematica e degli operatori pay tv; l’ingresso, pochi anni dopo, delle piattaforme della tv on demand: niente più satellite o digitale terrestre come sistema distributivo ma offerta web in grado di raggiungere tutti i device in nostro possesso, dallo smartphone alla smart tv con decine di migliaia di ore di prodotti organizzate in cataloghi di genere e gestite da piattaforme internazionali.

Ancora più schematicamente possiamo rilevare che ad una propensione al consumo di una offerta lineare (la visione di canali con palinsesti definiti su reti generaliste e tematiche, pay e free), si è passati ora ad una maggiore disponibilità degli utenti ad una fruizione non lineare, con la scelta di singoli titoli (la cosiddetta Transactional video on demand/ TVOD) o di abbonamento a tipologie di contenuti (Subscriptional video on demand/SVOD) organizzati in cataloghi all’interno di piattaforme on line.

L’offerta lineare è rappresentata principalmente dai canali in chiaro generalisti o tematici (Rai, Mediaset, SKY, La7, Discovery, ecc); quella non lineare dalle piattaforme on line rappresentate tra gli altri da Netflix, Amazon Prime Video, Tim Vision, Chili Tv, ecc.  In mezzo una forma di interessante ibrido rappresentata da SKY Q, in grado di offrire sia canali lineari sia prodotti on demand.

In termini di sistema economico, l’offerta lineare in chiaro e pay genera ricavi di gran lunga maggiori rispetto all’offerta on demand delle nuove piattaforme, ma l’erosione di questa quota è inevitabile a favore dei nuovi modelli di consumo non lineari. Secondo un recente studio di Mediobanca i ricavi del settore televisivo (pubblicità, canone, abbonamenti, altro) superano gli 8 miliardi di euro con una quota al di sopra dell’80% dei tre operatori principali, Rai, Mediaset, SKY. Un quadro apparentemente di forza per l’offerta free o pay lineare che non deve essere letto in modo fuorviante.

Molti dati economici dei nuovi players (Netflix, Amazon, ecc.) non sono pubblici per una certa reticenza delle piattaforme internazionali alla comunicazione di questi dati, gli studi di settore e le analisi della stessa Agcom non sono perfettamente allineati con la forte progressione del fenomeno del video on demand, l’ingresso di nuovi operatori internazionali accelererà il processo di riequilibrio tra offerta lineare e non lineare.

Un esempio per tutti: ai già noti Netflix ed Amazon Prime Video si aggiungeranno nei prossimi mesi in Italia ulteriori piattaforme di dimensioni significative: Disney +, Apple Tv +, HBO Max. Decine di migliaia di ore di serialità, cinema, animazione, intrattenimento, documentari, sport in più rispetto ad oggi saranno disponibili su tutti i nostri device

Quali saranno gli effetti di questa ulteriore rivoluzione? L’offerta lineare -apparentemente forte- rischia di retrocedere? L’offerta on demand riuscirà ad entrare sempre di più nelle nostre abitudini di consumo? Le nuove generazioni hanno già scelto? Lo approfondiremo nel prossimo blog di Q10 Media.